Di cosa si tratta?
Gli operatori del settore lo sanno bene, anche perché per anni hanno versato un contributo per il suo mantenimento. Per tutti gli altri, invece, potrebbe dire ben poco.
Facciamo dunque un po’ di chiarezza.
Il SISTRI è un acronimo che sta per Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti.
Si trattava di un sistema informatico attraverso il quale era possibile tracciare e documentare digitalmente la produzione, la movimentazione e lo smaltimento dei rifiuti, operazioni che fino a quel momento venivano documentate tramite modelli cartacei (il Modello unico di dichiarazione ambientale MUD, il Registro di carico e scarico dei rifiuti e il Formulario di identificazione dei rifiuti FIR, che in verità non sono mai stati abrogati).
Alle base del sistema c’erano due apparecchiature elettroniche: una black box installata sui mezzi adibiti al trasporto dei rifiuti che aveva il compito di tracciarne i movimenti, ed una chiavetta USB (token) per la memorizzazione e la firma elettronica dei dati raccolti.
L’idea nasceva da una necessità reale: il sistema tradizionale di tracciamento basato sui moduli cartacei era intrinsecamente lento e permetteva l’acquisizione effettiva dei dati di movimentazione con ritardi che potevano arrivare fino a 2 anni, ed è ovvio che una tale lentezza di gestione documentale lasciava molte porte aperte alle attività illecite legate al ciclo di gestione dei rifiuti.
La soluzione era dunque quella di digitalizzare ed acquisire (e rendere accessibili) i dati in tempo reale.
Su questi presupposti, dunque, nasce il progetto SISTRI, che avrebbe dovuto rivoluzionare il tracciamento dei rifiuti in Italia, rendendolo completamente digitale, sicuro e real-time, ma che nel corso degli anni ha manifestato tante lacune e problematiche, fino ad arrivare alla sua definitiva chiusura di quest’anno.
Ma ripercorriamone brevemente la storia
Tutto nasce nel 2007 con l’istituzione di un sistema centralizzato per la tracciatura dei rifiuti voluto dall'allora Ministro Alfonso Pecorario Scanio.
Nel 2008 il Ministero dell’Ambiente affida lo sviluppo e la gestione del progetto alla Selex Service Management (gruppo Finmeccanica) e definisce le linee guida di implementazione, tra cui la lista dei soggetti coinvolti, le modalità di transizione, di distribuzione delle apparecchiature ed i costi a carico delle aziende.
Il sistema doveva entrare ufficialmente in funzione il 1° giugno 2010 ma, a seguito delle varie problematiche riscontrate il mese precedente durante il collaudo generale (durante il quale almeno un terzo degli operatori rilevò problematiche tecniche e malfunzionamento dei dispositivi), la data di entrata in funzione venne rinviata.
Insomma, una storia travagliata sia dal punto di vista tecnico che amministrativo (il SISTRI è anche segnato da sentenze ed indagini relative soprattutto alle modalità di assegnazione degli appalti e di subappalti a fornitori terzi) di un progetto che, in fondo, partiva con dei presupposti molto validi.
L’abrogazione
L’epilogo arrivato con l’articolo 6 del Decreto-legge 14 dicembre 2018 che sancisce la definitiva chiusura del SISTRI era più che annunciato.
Nel corso degli anni sono state molte le proteste da parte delle aziende coinvolte che, sostanzialmente, si sono trovate a dover pagare un contributo per il mantenimento di un sistema che non ha mai funzionato al pieno della sua operatività.
E ora?
Per adesso si torna, almeno temporaneamente, ai modelli cartacei (che appunto non sono mai stati abrogati), in attesa che il Ministero dell’Ambiente presenti la nuova piattaforma digitale integrata (il nuovo SISTRI).