Il settore del tessile, abbigliamento e moda rappresenta uno dei comparti più significativi della manifattura nazionale sia per il numero di aziende – circa 45.000, sia per addetti – circa 400.000, che per fatturato – 55 miliardi di euro. Senza dimenticare che il settore italiano rappresenta oltre il 30% dell’intero comparto a livello europeo.
Secondo lo studio “L’Italia del Riciclo 2021”, predisposto dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da Fise Unicircular, l’intero comparto del tessile in Italia ha prodotto nel 2019 complessivamente circa 480.000 tonnellate di rifiuti, di cui circa la metà proviene dall’industria, mentre la raccolta differenziata urbana incide per il 30%.
Secondo la ricerca, dei rifiuti raccolti nel 2019, il 46% è stato avviato a recupero di materia, l’11% è stato smaltito, mentre un ulteriore43% è invece stato destinato ad attività di tipo intermedio – pretrattamenti e stoccaggi – dove i rifiuti vengono preparati per l’invio ad aziende specializzate nella cernita, preparazione al riuso e trasformazione.
Dife SpA attualmente raccoglie gli scarti dei settori pronto moda, tessiture, filature e altre realtà tessili del distretto di Prato e di altre aziende toscane. In particolare ogni anno Dife gestisce circa 3.000 tonnellate di rifiuti tessili non recuperabili, che sono conferiti in discariche apposite, 1.500 tonnellate che sono inviate al recupero energetico e 160 tonnellate che hanno come destinazione impianti per il recupero di materia.
Nell’ottica di migliorare l’approccio circolare del proprio business, il comparto tessile nazionale deve guardare con attenzione al tema del riuso degli scarti e valutare come efficientarne il riciclo per poter immettere sul mercato nuove materie prime seconde.
La raccolta dei tessili e degli abiti dismessi deve essere un ambito a cui prestare particolare attenzione. Proprio in relazione a quest’ultimo importante aspetto, il nostro Paese ha anticipato al 1 gennaio 2022, con il Decreto legislativo 116/2020, il recepimento della Direttiva UE che definisce l'obbligo della raccolta dei rifiuti tessili, prevista dall’Europa solo nel 2025. In pratica è stata anticipata di tre anni l’attuazione di un provvedimento che vuole ridurre i conferimenti in discarica del materiali dell’intero comparto tessile per dar loro un valore e limitarne gli effetti sull’ambiente.
Il Decreto legislativo si applica ai Comuni, che avranno necessità di organizzarsi per rispondere alla normativa, ma non alle imprese del settore, che però dovranno adattarsi per una crescita in volume dei materiali recuperati.
A valle del Decreto, i Ministeri competenti stanno studiando l’introduzione dell’obbligo della responsabilità estesa del produttore, già previsti per altri settori produttivi (come ad esempio per in quello degli imballaggi), dove le aziende produttrici sono chiamate a gestire il fine vita dei prodotti a loro stessi immessi sul mercato. In questo modo i produttori dovranno stanziare un contributo ambientale che sarà inserito nel prezzo di acquisto dei diversi prodotti e che dovrà essere utilizzato per finanziare la filiera della raccolta e del riuso.